Il libro di Gianfranco Fini sul futuro della libertà

di Domenico Giampetruzzi
«Cominciamo proprio dalla mia generazione, quella dei “baby boomers”, chiamati così perché venuti al mondo in un periodo di esuberanza demografica nel nostro emisfero. Le persone appartenenti a tale generazione, quando avevano la vostra età, hanno amato in modo smisurato la libertà. E l’hanno reclamata, per così dire, a trecentosessanta gradi. Dalla famiglia alla scuola, dalla musica alla moda, dall’amore alla politica e in tante altre cose ancora, compresi i rapporti sociali e familiari tra uomini e donne».

Lo ha scritto nero su bianco Gianfranco Fini nel libro denominato "Il futuro della libertà. Consigli non richiesti ai nati nel 1989 edito dalla Rizzoli che è possibile acquistarlo in edicola. Il saggio di scienza politica della terza carica dello Stato ha attirato l'attenzione del mondo politico, giornalistico e istituzionale. Nuovi attacchi sono giunti dal fronte amico del centro- destra al presidente Fini.
In particolar modo il coordinatore nazionale del Pdl, Sandro Bondi, ha criticato Fini perchè nel suo libro non ha riconosciuto il valore di Silvio Berlusconi. Il Giornale della famiglia Berlusconi ha colto l'occasione per attaccare nuovamente il presidente Fini reo di essersi spostato a sinistra. L'ex leader di An ha replicato a Bondi dicendo di aver preso un abbaglio in quanto nel libro non parla di nessun personaggio politico, ecetto per Giulio Tremonti ma non per una questione politica ma per l'importanza di un suo saggio, ma bensì di riflessioni politiche su prospettive e valori di riferimento.

Un importante passaggio nel libro Fini lo dedica al 1968. «Le ragazze mie coetanee, almeno quelle più consapevoli, sono scese in strada protagoniste della loro vita, senza più ruoli rigidi, senza più discriminazioni per via del genere, senza più essere costrette a una funzione socialmente subalterna rispetto agli uomini. È stato un fenomeno imponente. I giovani della mia generazione hanno occupato la scena sociale proprio in quanto tali. Sono stati i primi a farlo. E non c’è dubbio che abbiano impresso una svolta decisiva alla società occidentale.
«L’anno nevralgico è il 1968. La voglia di cambiamento dei ragazzi europei esplode in forma di contestazione politica. La protesta parte dalle università e l’anno successivo dilaga nelle scuole e nelle fabbriche. Gli studenti cominciano a mobilitarsi contro il potere accademico e poi passano ad attaccare ogni forma di autorità, da quella statale a quella familiare. I giovani contestatori indirizzano le loro proteste su mille obiettivi, ma il "nemico" è percepito come unico. È una sorta di entità metafisica: lo chiamano "il sistema". Il 1968 ha osservato lo storico Paul Ginsborg fu molto più di una protesta contro la misera condizione studentesca; fu una rivolta etica, un rilevante tentativo di rovesciare i valori dominanti dell’epoca».

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