di Domenico Giampetruzzi
Il nostro bel Paese, l’Italia, difficilmente riconosce i propri figlioli prodigi quando sono in vita. La regola consiste nel consacrarli una volta che muoiono evocando tanti ricordi, esperienze, emozioni, passioni mediante le classiche lacrime di coccodrillo e numerosi speciali televisivi. Le solite e ipocrite farse. Per di più ciò diventa ancor più difficile se riguarda il genere femminile. Un’eccezione alla regola è stata Oriana Fallaci. Una fiorentina verace che è vissuta negli ultimi anni della sua vita a New York e che è considerata uno degli italiani più celebri ed importanti dell’Occidente o meglio come ha detto il Rettore del Columbia College di Chicago, che le consegnò la laurea ad honorem in letteratura, “uno degli scrittori più letti ed amati del mondo”. In Italia pur riscuotendo, in ogni pubblicazione di un libro, un grande successo editoriale è stata odiata dall’intellighenzia nostrana perché prima di tutto non è la solita leccaculo di turno, secondo non è cattolica ma atea e terzo ma non meno importante non è né di destra e soprattutto né di sinistra.
Oriana Fallaci è nata il 29 giugno 1929 a Firenze ed è morta il 15 settembre 2006 nella sua città natale. Fu la prima donna in Italia ad andare al fronte in qualità di inviata speciale. Come scrittrice, con i suoi dodici libri ha venduto venti milioni di copie in tutto il mondo.
"Io sono un’atea cristiana. Non credo in ciò che indichiamo col termine Dio. Da quando ero ragazzina mi accorsi di non crederci e penso che Dio sia stato creato dagli uomini e non viceversa. Penso che gli uomini lo abbiano inventato per solitudine, impotenza, disperazione. Cioè per dare una risposta al mistero dell’esistenza, per attenuare le irresolubili domande che la vita ci butta in faccia…Chi siamo,da dove veniamo,dove andiamo. Che cosa c’era prima di noi e di questi mondi,miliardi di mondi, che con tanta precisione girano nell’universo. Che cosa ci sarà dopo… Penso che l’abbiano inventato anche per debolezza, cioè per paura di vivere e di morire. Vivere è molto difficile, morire è sempre un dispiacere e il concetto d’un Dio che aiuta ad affrontare le due imprese può dare un sollievo infinito: lo capisco bene… Quasi ciò non bastasse, sopporto male le chiese. I loro dogmi, le loro liturgie, la loro presunta autorità spirituale, il loro potere".
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Ricordando la morte di Oriana Fallaci, 15 settembre 2006.