di Domenico Giampetruzzi
La presidente di Fininvest, Marina Berlusconi, passa al contrattacco. L'articolo pubblicato sabato sul quotidiano La Repubblica dal titolo "Sono i soldi degli inizi del Cavaliere l'asso nella manica dei fratelli Graviano" a cura dei giornalisti Attilio Bolzoni e Giuseppe D'Avanzo ha spinto la figlia del premier, Silvio Berlusconi, a citare in giudizio gli autori e il direttore responsabile della Repubblica.
Marina Berlusconi, che secondo la prestigiosa rivista Forbes è una delle 100 donne più potenti del mondo mentre in Italia è al primo posto, considera le affermazioni contenute nell'articolo di Repubblica in cui si insinua che il 20% di Mediaset appartenga alla mafia gravemente diffamatorie. L'azione della presidente di Mediaset è volta a tutelare l'onore e la reputazione di una società quotata al cui capitale partecipano primari investitori istituzionali - nazionali e internazionali - e più di 200.000 risparmiatori italiani.
Marina Berlusconi attacca i giornalisti di Repubblica e li considera "professionisti della diffamazione, della calunnia e della disinformazione". La figlia del presidente del Consiglio esprime tutta la sua rabbia e disgusto in una nota. «Il 100% della Fininvest, come emerge incontrovertibilmente da tutti i documenti, appartiene alla nostra famiglia, a Silvio Berlusconi e ai suoi figli. Così -spiega la figlia del premier- è oggi e così è da sempre, non c'è mai stata una sola azione della Fininvest che non facesse capo alla famiglia Berlusconi».
«Anni e anni di indagini e perizie -prosegue Marina Berlusconi- ordinate proprio dalla Procura di Palermo, durante i quali è stato rovistato in ogni angolo della nostra storia, si sono conclusi con l'unico possibile risultato, sottoscritto dal consulente della stessa Procura: nell'azionariato Fininvest non sono mai entrati una lira o un euro dall'esterno, non esistono zone d'ombra. Ma tutto questo per chi persegue un preciso disegno politico di annientamento non conta nulla. L'importante è mettere su, senza nessun appiglio minimamente credibile, una sconcertante operazione di killeraggio per la quale provo rabbia e disgusto».
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