di Fabio Salviato
L’Italia è divisa nel giudicare e comprendere la scelta del governo di ricorrere a uno scudo fiscale così ampio da essere da molti definito amnistia. Non si discute abbastanza del merito e dell’essenza della legge, del suo reale impatto sulla società, sull’economia, sulla popolazione e le sue tasche, sulla cultura civica e democratica del paese. Si continua a discettare circa la sua utilità rispetto a una ricaduta di brevissimo periodo. Quel lasso di tempo che, divenuto per la finanza il metro di misura del suo successo, ci ha portato all’ultima gravissima crisi economico-finanziaria. Da un anno si parla di etica, di fiducia e di reputazione da ricostruire. Noi di Banca Etica allo scoppio della crisi abbiamo timidamente ricordato il nostro lavoro, non volendo sembrare cassandre né prenderci meriti. Ma oggi, dopo mesi di ipocrisie lette e ascoltate, dopo aver dovuto subire l’affronto di vedere l’etica trasformata nella foglia di fico di banche, imprenditori, politici, ci indigniamo.
Anche su un fronte a noi vicino come quello cattolico, non possiamo non domandarci quante sono le realtà legate alla chiesa che si sono interrogate sull'utilizzo del denaro come riportato nell'ultima enciclica? Quante hanno fatto o stanno facendo scelte conseguenti?Come possiamo accettare che un anno di etica proclamata partorisca questo scudo fiscale che è un incitamento a delinquere? Questa operazione, in questo momento storico, somiglia a un’amnesia. Dimentichiamo le responsabilità, dimentichiamo il patto sociale, ignoriamo l’identità democratica del paese, la giustizia economica, l’equità. Mettiamo via l’etica fino alla prossima occasione.Il sostituto procuratore di Milano, Francesco Greco lo ha detto senza mezzi termini: l’Italia diventa un paese off-shore. Depenalizzati i falsi in bilancio, invitati gli operatori economici a non segnalare il rischio di riciclaggio, lo scudo incita alla criminalità economica. Che – finché la legge lo permetterà - continua ad essere combattuta solo e soltanto nelle aule dei tribunali. Da più parti arrivano inviti a essere realisti. Tutte le maggiori banche italiane e straniere stanno investendo non pochi soldi per pubblicizzare gli strumenti che stanno mettendo in campo per intercettare quei capitali prodighi che tornano a casa. In fondo quei capitali dovrebbero finire nei circuiti a sostegno dell’economia reale. Benedetta economia reale. Ora che tutti sanno cos’è, diventa un utile alibi per legittimare colossali favori agli evasori e ai criminali che da sempre sottraggono linfa vitale al nostro Paese per crescere. In tanti sollecitano l’opinione pubblica appellandosi alla necessità di riconoscere l’urgenza che obbliga a queste misure.
Insomma, vuoi per patriottismo, vuoi per senso degli affari, ci tocca ancora una volta chinare il capo e permettere che questo paese, che non è normale, accolga soluzioni creative direttamente proporzionali alla sua incapacità di normalizzare le entrate. Si ammettesse almeno il fallimento. Si chiedesse scusa ai milioni di cittadini, che pagano le tasse, tutte, sempre, e forti di ciò mandano i figli alla scuola pubblica e vanno nei consultori medici sperando ancora di trovare servizi adeguati ad un paese normale, civile, democratico. C'è rimasto così poco rispetto per loro, per il senso civico e il patriottismo che dimostrano ad ogni dichiarazione dei redditi. Nel 2003 il rientro di ingenti capitali dall’estero drogò completamente larghi settori del mercato, tra cui quello immobiliare che assorbì il 40% dei capitali rientrati. L’impatto sulla popolazione – come dimostra l’esperienza - è grave, avviene a vari livelli, molti dei quali incontrollabili.
Commenti